Se il Giudice accerta che il cortile è di proprietà del condominio e rientra, quindi, tra le parti comuni del medesimo ex articolo 1117 comma 1 numero 1) del Codice civile e non è di pertinenza dei proprietari dei soli fondi terranei, questi ultimi, ex articolo 1102 comma 1 del Codice civile, non possono servirsi della cosa comune alterandone la destinazione ed utilizzandola a servizio della loro attività di ristorazione, impedendo in tal modo agli altri partecipanti alla comunione di farne parimenti uso. Ciò, tanto più se, come nel caso di specie, esiste un regolamento di condominio che pone legittimamente ulteriori restrizioni all′uso della parte comune e se sono stati realizzati ed installati manufatti che, in spregio al divieto di cui all′articolo 1120 ultimo comma del Codice civile, hanno reso la parte comune inservibile all′uso od al godimento degli altri condomini. Lo ha deciso il Tribunale di La Spezia, sezione civile, sentenza numero 210 del 21 aprile 2020. La questione I proprietari di quattro appartamenti situati in condominio hanno convenuto in giudizio sia i proprietari dei fondi terranei ubicati nello stesso stabile, sui quali, in forza di contratto di affitto d′azienda, una società esercita attività di ristorante, sia la società stessa. Il condominio è intervento in giudizio. Sia gli attori sia il condominio hanno lamentato, tra l′altro, che i convenuti, in violazione dell′articolo 1102 comma 1 del Codice civile, avrebbero alterato la destinazione della corte condominiale, occupandola ed utilizzandola a servizio dell′attività di ristorazione, così impedendo agli altri condomini di farne parimenti uso, poiché ivi avrebbero: eretto abusivamente una tettoia in ferro con copertura in rete verde e relativo impianto di illuminazione, che toglierebbe aria e luce agli appartamenti sovrastanti e priverebbe il cortile della sua tipica funzione, oltre a violare il disposto di cui all′articolo 1120 ultimo comma del Codice civile, poiché la struttura non sarebbe stata autorizzata dall′assemblea, pregiudicherebbe la sicurezza del fabbricato e ne lederebbe il decoro architettonico; depositato ed installato loro oggetti, attrezzature, macchinari e costruzioni, fra l′altro in violazione degli articoli 6 ed 8 del regolamento di condominio, che destina l′uso del cortile comune esclusivamente a posteggio di 2 biciclette per condomino e vieta di occupare gli spazi comuni, in modo sia permanente sia transitorio, con costruzioni, installazioni, manufatti od oggetti di qualunque tipo. Per quanto sopra, dette parti hanno chiesto al Tribunale di: dichiarare che il cortile è di proprietà comune; condannare conseguentemente i convenuti, ciascuno per quanto di rispettiva spettanza e tutti in solido, ad eseguire il regolamento condominiale, con la rimozione immediata di tutte le loro cose, oltre a lasciare e a tenere libero il cortile condominiale da ciascuna di esse. Da parte loro, i convenuti hanno invece domandato al Tribunale: in via principale, di respingere tutte le domande, dal momento che il cortile sarebbe di pertinenza dei soli loro fondi, essendo stato da loro acquistato; in via subordinata, di accertare comunque il loro possesso ultraventennale sul cortile e dichiarane così l′intervenuta usucapione del medesimo, trasferendo per l′effetto in capo a detti usucapienti, in comproprietà indivisa tra di loro, la proprietà del bene. La sentenza Il Tribunale ha accolto il ricorso, osservando che: dai risultati dell′espletata consulenza tecnica d′ufficio, è emerso che la corte di causa è di proprietà del condominio intervenuto, sia per quanto risulta dal dato catastale sia per la sua natura e conformazione, essendo, di contro irrilevante, in assenza di titolo negoziale contrario (cioè, che conferisca al bene natura pertinenziale ai soli fondi terranei), il fatto che l′area de qua possa essere goduta più proficuamente dai titolari delle sole unità contigue; i convenuti non hanno fornito la necessaria prova di aver usucapito il bene di causa; il regolamento condominiale non è stato, né integralmente né parzialmente, impugnato; conformemente a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza numero 2114 del 29 gennaio 2018, l′articolo 1102 comma 1 del Codice civile non pone una norma inderogabile. Ne consegue che i suddetti limiti [posti da detta norma, n.d.r.] possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale , fermo restando che non è consentita l′introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni; la realizzazione della tettoia non è mai stata autorizzata dall′assemblea.